La rinascita della Socialdemocrazia
L’11 gennaio di 73 anni fa a Palazzo Barberini (Roma) rinasceva la Socialdemocrazia italiana che raccoglieva e portava avanti così la migliore tradizione e concezione democratica, riformista, autonomista e libertaria del Socialismo Italiano, impersonata da “Maestri” come A. Costa, F. Turati, C. Prampolini, G. Matteotti, G. Massarenti e altri, separandosi dalla componente socialista “massimalista” filo-comunista.
Il nuovo Partito, guidato da Giuseppe Saragat, assumeva inizialmente il nome di PSLI (Partito Socialista dei Lavoratori Italiani) per poi mutare alcuni anni dopo in PSDI (Partito Socialista Democratico Italiano). All’atto di rifondazione della Socialdemocrazia, Italiana era presente anche il giovane delegato di Molinella Anselmo Martoni, così come nel 1892, a Genova, al Congresso di fondazione del Socialismo Italiano era presente il giovane delegato Giuseppe Massarenti.
Perché la scissione di Palazzo Barberini? Perché il gruppo dirigente massimalista del Partito Socialista si era appiattito sulle posizioni dei comunisti allora fortemente legati a Stalin e all’Unione Sovietica, subendone continuamente l’iniziativa, mentre la minoranza interna lottava per l’autonomia e per la libertà, per l’unione tra proletariato e ceto medio, avendo come riferimento politico le grandi Socialdemocrazie Europee.
E grazie a questa coraggiosa, anche se dolorosa scissione, l’Italia, colle elezioni politiche del 1948, perse dal “Fronte Popolare” restò, grazie alla Dc e ai Socialdemocratici, ancorata all’occidente, evitando che il nostro Paese cadesse nelle mani del “Fronte Popolare” che in caso di vittoria elettorale avrebbe sospinto il nostro Paese nell’orbita sovietica. Questo dunque il grande merito della Socialdemocrazia Italiana più o meno riconosciuto oggi da tutte le forze politiche democratiche e dalla stragrande maggioranza degli storici italiani. Ma all’epoca dei fatti i comunisti bollarono per anni, anzi per decenni, i socialdemocratici come “traditori della classe operaia”, “servi dell’America” e “amici del capitalismo”, infierendo duramente contro Saragat e contro Molinella e il suo leader Anselmo Martoni.
Giorgio Golinelli